lunedì 24 luglio 2017

Il Cavaliere di Westford di Massimo Agostini



Nella città di Westford, nel Massachusetts, USA, vi è una statua scolpita su un masso che è ritenuta una prova che una spedizione, guidata da Henry Sinclair, Conte delle Orcadi , sbarcò sul continente nordamericano quasi 100 anni prima di Cristoforo Colombo.
La statua raffigura un cavaliere medievale, con spada e scudo, e rappresenta, secondo alcune ipotesi, un membro del gruppo di esploratori guidati da Henry Sinclair che nel 1398 andarono alla scoperta del "Nuovo Mondo".
La storia narra che all'inizio di aprile 1398 Henry Sinclair iniziò la navigazione, dirigendosi ad ovest con una flotta di 13 piccole imbarcazioni, due delle quali a remi.
La piccola flotta giunse nel Nord America all'inizio di giugno.
L'approdo avvenne nella baia di Chedabucto, in quello che oggi è il porto di Guysborough, Nova Scotia, in Canada.
Gli esploratori interagirono in modo pacifico con gli indigeni e in particolare con la tribù di Míkmaq (o il Micmac).
Sinclair riuscì a persuadere i Míkmaqs a fungere da guida, in modo che il suo gruppo potesse esplorare tutta la zona in modo sicuro.
Rimasero in Nuova Scozia fino alla primavera, per proseguire il loro viaggio navigato a sud, approdando quindi nel Massachusetts, poco a nord dell'attuale città di Boston.
Si è sostenuto che Sinclair e il suo gruppo di esploratori, fecero un'impressione positiva sui Míkmaq della Nuova Scozia e che dopo essersi lasciati, la tribù continuò a ricordare i misteriosi esploratori, raccontando la loro storia di generazione in generazione, esaltando una figura leggendaria chiamata Glooscap, identificata con Henry Sinclair.

Tra gli esploratori vi era un cavaliere, amico di Henry, chiamato Sir James Gunn, Gunn sarebbe poi diventato noto come il Cavaliere di Westford.
Sir James morì nel corso della spedizione e venne seppellito idove è oggi la città di Westford, ponendo nella tomba una grossa roccia sulla quale scolpirono l'immagine del cavaliere scozzese, con la spada e lo scudo su cui è raffigurato lo stemma della famiglia Gunn.
Dopo oltre 600 anni l'incisione continua ad essere presente sulla pietra, ma ora in gran parte usurata.
Su questa storia, ben viva nella memoria della famiglia, gli storici sono molto scettici poiché non sembrerebbero esserci prove documentali.

domenica 16 luglio 2017

I graffiti esoterici di Giuseppe Andrea Lombardini nei sotterranei dell’Inquisizione di Narni di Douglas Swannie




La scoperta dei sotterranei dell’Inquisizione di Narni
Nel maggio 1979 sei giovani speleologi di Narni, grazie all’indicazione di un anziano contadino, scoprirono un reticolo di stanze affrescate e ricoperte di graffiti, sotto la Chiesa e il Convento domenicano di Santa Maria Maggiore parzialmente crollato (dopo l’abbandono e i bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale), che erano state utilizzate dall’Inquisizione come celle per i prigionieri e sale di interrogatori. Tra i vari ambienti scoperti, quello che risulta essere più interessante è la cella completamente ricoperta di graffiti fatti da un prigioniero di nome Giuseppe Andrea Lombardini.
Chi era Giuseppe Andrea Lombardini?
Il tutto nasce da un episodio di insubordinazione: il 21 novembre 1759 Pietro Milli, detto il veneziano, birro del Sant’Uffizio di Piediluco, venne arrestato per blasfemia e per aver insultato il vicario inquisitoriale di Piediluco, e fu portato al Sant'Uffizio di Spoleto, dal quale dipendeva la vicaria di Piediluco.
Due suoi colleghi, il caporale Giuseppe Andrea Lombardini e il birro Francesco Marini cercarono di far fuggire il prigioniero, ma furono scoperti e condannati. Il 4 dicembre il Lombardini fu trasferito nelle carceri del Sant'Uffizio di Narni (vicariato inquisitoriale di Spoleto).
Il 30 gennaio 1760 venne emessa la sentenza definitiva a Roma dalla Sacra Congregazione del Sant'Uffizio, presieduta da papa Clemente XIII in persona, con la quale si ordinava che i due accusati fossero esposti al pubblico ludibrio in catene a Spoleto (ma probabilmente si procedette alla sua esecuzione solo nel mese di febbraio), dove era stato commesso il reato, quindi esiliati a vita dalla stessa città con gravi pene.
Pietro Milli non rimase molto in carcere: fu infatti graziato il 9 aprile 1760. Ma anche a Giuseppe Andrea Lombardini, un decreto della Sacra Congregazione del Sant'Uffizio, tre anni dopo, il 28 dicembre 1763, permise di poter tornare dall'esilio.
I graffiti della cella di Lombardini
Fino a qui un episodio storico probabilmente non particolarmente degno di interesse.
Diventano più intriganti le tracce della detenzione di Giuseppe Andrea Lombardini nella sua cella nella prigione dell’Inquisizione di Narni, sotto il convento di Santa Maria Maggiore, per quasi tre mesi. In questo periodo, egli protestò la propria innocenza e, mostrando di essere un uomo dotato di buona alfabetizzazione e di una conoscenza non comune del simbolismo cristiano e non solo, letteralmente tappezzò le pareti della sua cella con una serie di graffiti enigmatici, con diversi riferimenti alchemici, esoterici, cabalistici e massonici. Da recenti studi si è ipotizzato che Lombardini fosse proprio un massone, e che il Maestro che lo aveva iniziato era proprio quel Pietro Milli, che egli tentò di far evadere dal carcere di Spoleto.
Alcuni messaggi dei graffiti tuttora rimangono sconosciute come l’uso della sequenza palindroma 7:24:42:7 o la sostituzione sistematica della lettera D con la T: alcuni ipotizzano che l'autore abbia voluto evitare l'uso dell'iniziale dei Domenicani, in spregio all’ordine degli inquisitori che lo avevano interrogato, probabilmente torturato e imprigionato.
Si veda, come esempio, la scritta:
IO IHS MIO
1759
IO GIUSEPPE ANTREA LOBARTINI CAPORALE
FUI CARGERATO (INNOCENTE) IN QUESTO L(UOGO)
A TI 4 TECEBRE 17(59)
NB Le scritte tra parentesi sono state cancellate.
Altre immagini esoteriche comprendono il sole e la luna; un gallo con la coda di drago; l’albero della vita attorniato da numerosi uccelli (un riferimento al cosiddetto “linguaggio degli uccelli”, un codice di natura iniziatica utilizzato dagli alchimisti per trasmettere le loro conoscenze sui lavori necessari per ottenere la pietra filosofale); un uomo in divisa con un falco in mano; l’immagine di un orologio con segnate solo sei ore; il trigramma IHS, simbolo dell’Ordine dei gesuiti; una sorta di obelisco, suddiviso verticalmente in sette parti, racchiude la parola “Scala”, con le lettere distribuite all’interno dei gradini dal basso verso l’alto.
Qui ricorre il numero 7, ovvero la somma di 3 e di 4. In senso esoterico il 3 è la divinità su un piano ideale, e il 4 rappresenta la materia. Il 7 è la manifestazione della divinità nella materia (motivo per cui Cristo è tradizionalmente rappresentato dal numero 7, data la sua doppia natura divina e materiale).
Infine altre immagini fanno riferimento al miracolo dei tre bambini di San Nicola: si narra infatti che, quando Nicola si stava recando al concilio di Nicea, decise di fermarsi ad un'osteria, dove gli fu servito un piatto, spacciato per pesce, ma che era nientedimeno carne umana di tre bambini uccisi, conservata in due botti. Nicola si fermò a pregare e i corpi dei bambini si ricomposero, tornando in vita e saltando fuori dalle botti. La leggenda ha notevoli punti in comune con il mito di Osiride, fatto a pezzi dal fratello Seth e ricomposto dalla moglie Iside: ambedue i racconti simboleggiano, esotericamente, lo smembramento virtuale dell’iniziando, cioè un profondo lavoro di introspezione, seguito dalla rinascita dell’iniziato. Il tutto riassunto dal detto massonico “riunire ciò che è sparso.”
Bibliografia (sito on-line fra parentesi)
Lombardini, Giuseppe Andrea (Ereticopedia).
I misteriosi sotterranei di Narni (Luoghi misteriosi).
Giuseppe Andrea Lombardini (narninotizie.blogspot.it).
Narni sotterranea (L’angolo di Hermes), da cui sono state tratte le immagini.
I misteriosi sotterranei di Narni (Mystery Guide).
La prigione “esoterica” di Giuseppe Andrea Lombardini (masoneria357).
Giuseppe Andrea Lombardini ed i misteri dell’Alchimia, di Valerio Ivo Montanaro (narnisotterranea).
Il Sant’Uffizio di Narni, di Roberto Nini, dagli atti del convegno “A dieci anni dell’apertura dell’archivio della congregazione del la dottrina della fede: Storia e archivi dell’Inquisizione”. Roma 21-23 febbraio 2008.

mercoledì 12 luglio 2017

Letture del Clan di Domenico Fragata

I ventidue arcani maggiori dei Tarocchi hanno un’origine molto antica e recondita sulla quale si discute ancora oggi. L’unica cosa certa è che in questi simboli è racchiuso un immenso potenziale di significati derivanti dalle principali discipline esoteriche della Tradizione mediterranea. Solo mediante lo studio comparato delle Vie del Sapere sarà possibile ottenere una piena comprensione delle ventidue raffigurazioni archetipiche che compongono il ‘’Libro di Ermete’’. Ogni simbolo contenuto nei Tarocchi è come uno scrigno misterioso che racchiude in sé immensi tesori ma, per dischiuderne la conoscenza, è necessario possedere le giuste chiavi d’accesso. In questo volume attraverseremo il percorso iniziatico dorico, scandito dalle prime undici tappe dei Tarocchi, cercando di penetrarvi attraverso le chiavi esegetiche forniteci dalla massoneria, dalla gnosi, dall’astrologia, dall’alchimia, dalla cabalà e soprattutto dalla ghematria. L’applicazione della ghematria allo studio del Tarot fornirà al lettore orizzonti di senso inesplorati che potrebbero far luce su alcuni simbolismi esoterici rimasti occulti fino ai giorni nostri.

martedì 11 luglio 2017

L'Arcangelo Uriele (Uri'El in ebraico significa "Dio è mia luce") di Gennaro Natale


Rappresentato con fattezze di uomo alato, in alcuni casi può essere armato o con i pianeti come attributo iconografico.
Ai tempi di Sant'Ambrogio, l'Arcangelo Uriele era molto venerato, ma col tempo vene dimenticato, principalmente per il fatto di non essere citato se non in fonti apocrife; per questo fu escluso dagli angeli accettati dalla chiesa cattolica in seguito al concilio di Aquisgrana del 789.
Protagonista del libro apocrifo di Enoc etiope, è presente nel quarto libro di Ezra, dove si narra che fu l'angelo inviato da Dio ad annunciare il Giudizio finale, mentre è il Vangelo apocrifo di Bartolomeo che racconta che Uriele fu il quinto angelo ad essere creato.
Nonostante sia rimasto vivo il suo ricordo nell'angelologia moderna, soprattutto in relazione all'alchimia (che egli avrebbe portato sulla terra), alla cabala e alla conoscenza degli astri (era custode del tempo e degli astri), la sua iconografia non ebbe modo di svilupparsi particolarmente, proprio perché, essendo l'arte principalmente legata all'ambiente ufficiale della Chiesa, non era apprezzata la sua raffigurazione.
E' pertanto riconoscibile con certezza nelle storie del Battista, poiché, secondo la tradizione, fu l'angelo che lo condusse nel deserto da bambino per la sua istruzione.